Fu probabilmente il primo vescovo della città di Terni, e visse nella prima metà del IV secolo. La sua posizione all’interno della cronotassi dei vescovi di Terni è di recente variata, grazie a una serie di studi che ne hanno ridisegnato biografia e cronologia.
Occorre sgombrare preliminarmente il campo dalle numerose leggende e deviazioni cultuali cui la figura del vescovo ternano è andata incontro nel corso dei secoli. Ciò concerne in particolare l’attribuzione del patronato sugli innamorati e/o fidanzati, derivata da eventi molto più tardi che niente hanno a che vedere con la realtà storica del personaggio. Papa Gelasio I (nell’Adversus Andromachum), intorno al 495, decide di abolire la lasciva festa pagana dei Lupercalia, legata ai riti pagani di fertilità e purificazione tipici della fine dell’inverno (andava dal 13 al 15 febbraio). In questo modo il santo la cui festa cadeva il 14 febbraio, Valentino di Terni appunto, venne assunto come il protettore degli amori casti e verecondi, delle unioni legali e ufficiali (più tardi, nel VII secolo, venne istituita la festa della Candelora, i 40 giorni della Purificazione di Maria, e collocata al 2 febbraio).
Ancora più estraneo e posticcio il prolungamento di questa prima deviazione cultuale: la fortunata associazione tra amore e giorno di s. Valentino, che ha avuto e ha una diffusione eccezionale soprattutto nei Paesi di cultura anglosassone. Essa fu probabilmente introdotta (si discute se ex nichilo o appoggiandosi a qualche tradizione) dallo scrittore inglese Geoffrey Chaucer (1343-1400), nel poema Il parlamento degli uccelli. Chaucer per celebrare il fidanzamento di Riccardo II d’Inghilterra con Anna di Boemia, chiama “san Valentino” a sovrintendere alla ‘festa dell’amore’ che a febbraio inoltrato s’impadronisce di tutte le creature disseminate sulla Terra da madre Natura, uccelli compresi: ma Chauser non si riferisce a Valentino di Terni, bensì a san Valentino di Genova, la cui festa cade i 2 maggio, un momento cioè assai più adatto della metà di febbraio per richiamare la primavera e il ritorno degli amori per gli animali.
Sul vescovo ternano Valentino sono 2 le fonti più antiche: un item del Martirologio Geronimiano e una Passione agiografica. Il testo del Martirologio recita: «decimo septimo Kalendas Martias Interamnae natale sancti Valentini episcopi et martyris»: il 14 febbraio, a Terni, la festa di s. Valentino vescovo e martire. La Passione racconta che a Roma, un importante intellettuale di origine greca, Cratone, ha un figlio, Cerimone, afflitto da una malattia neurologica rara e terribile, che lo paralizza completamente e rende inutile il ricorso ai medici. Da un amico Cratone apprende che, a Terni, il figlio del tribuno Fonteio, afflitto dalla stessa patologia, è stato guarito dal vescovo cittadino, Valentino. Manda allora a chiamare il presule ternano e lo prega di intervenire anche a favore di Cerimone. Valentino chiede a Cratone di convertirsi al cristianesimo. Ma Cratone tituba, soprattutto perché nutre dubbi razionali su alcuni dogmi; ma Valentino gli spiega tra l’altro il mistero del battesimo. Cratone accetta la conversione e Valentino di occuparsi del ragazzo. All’alba, Cerimone è completamente guarito: Cratone e tutta la sua famiglia si convertono al cristianesimo, e con loro una moltitudine di scholastici, cioè di intellettuali, tra cui i giovani Procolo, Efebo e Apollonio, nonché Abbondio, figlio del prefetto di Roma, Furioso Placido. Il Senato di Roma a questo punto interviene: il prefetto fa arrestare di notte e di nascosto Valentino, e lo fa giustiziare. Procolo, Efebo e Abbondio ne recuperano il corpo, e lo seppelliscono poco fuori di Terni. Il magistrato romano di Terni, Lucenzio, replica contro i tre giovani l’operazione segreta di polizia effettuata dal prefetto a Roma: li fa arrestare e uccidere in segreto, fuggendo poi dalla città. Abbondio ne raccoglie i corpi e li seppellisce accanto a quello di Valentino.
Questa Passione ha sempre suscitato perplessità. Il testo appare assai sui generis a fronte dei canoni dell’agiografia martiriale, della quale mancano alcune caratteristiche: innanzitutto le coordinate agiografiche, cioè la data del dies natalis del santo, ed è generica l’indicazione del luogo di sepoltura («in suburbano terrae spatio»); manca poi l’inquadramento storico iniziale, la struttura propriamente martiriale (interrogatori, torture). Ma più ancora stranianti sembrerebbero le operazioni giudiziarie condotte dai magistrati romani: sempre di notte e di nascosto, mentre invece Valentino svolgeva a Terni in tutta tranquillità le medesime attività che a Roma lo portano alla morte.
Ma una rilettura attenta e approfondita della Passione ne ha condotto a una rivalutazione totale, e per conseguenza a portato a una “nuova” figura di san Valentino. Il primo passo è stato l’identificazione biografica del prefetto di Roma che ordina l’esecuzione di Valentino: Furioso Placido («iussu furiosi Placidi»). Ma furiosus non è un aggettivo: è ben documentato infatti il personaggio di Furius Placidus (Marco Mecio Memmio Furio Baburio Ceciliano Placido), prefetto dell’Urbe nel 346-347.
Lo spostamento cronologico al regno di Costante I (337-350), dunque a un’epoca successiva di alcuni decenni all’editto costantiniano del 313, consente di comprendere alcune caratteristiche del testo prima ritenute assurde. Partendo dall’assunto per cui il Senato e il prefetto si muovono contro il santo solo quando si convertono al cristianesimo numerosissimi scholastici, tra cui il figlio dello stesso prefetto, Abbondio, è chiaro che lo sfondo storico della vicenda è costituito dalla ‘questione culturale’ e dell’istruzione all’interno dello scontro finale tra paganesimo e cristianesimo a metà del IV secolo. Ben si spiega a questo punto la volontà del prefetto dell’Urbe di intervenire contro Valentino, facendolo però in maniera occulta: «medio noctis silentio». A Terni, inoltre, il consularis Lucenzio fa trascinare Procolo, Efebo e Apollonio (che hanno riportato nella città umbra il corpo di Valentino) al suo tribunale nottetempo e, fattili giustiziare seduta stante, scappa dalla città con tutto il suo ufficio!
Si tratta di due pratiche che potremmo definire di ‘martirio celato’, in quanto illegale, strascico violento e poco noto della contrapposizione religiosa in età postcostantiniana. Lo stesso imperatore Costanzo II operò persecuzioni (antiereticali), e Ilario di Poitiers lo omologa per questo a Nerone e Diocleziano. Anzi, le persecuzioni di Costanzo sono peggiori, in quanto procedono sine martyrio: tale persecuzione è paradossalmente peggiore, poiché priva le vittime dell’opportunità di diventare martiri, e quindi santi. Ecco dunque un’ulteriore motivazione per cui nella vicenda di Valentino i magistrati romani agiscono in segreto (dopo il 313, con l’Editto di Milano, le persecuzioni sono illegali). E diventa spiegabile anche l’assenza dell’interrogatorio del santo da parte del magistrato romano: esso non può esserci, dato che in età postcostantiniana non si può citare nessuna norma di legge per minacciare il cristiano.
Rita Lizzi, approfondendo sul piano prosopografico e storico questa ricostruzione, propone di identificare il santo ternano con un esponente della famiglia dei Simmachi (evidentemente il primo cristiano), Giunio Valentino, fratello di Avianio Simmaco e zio del dedicatario del Calendario del 354. La Passio narrerebbe così dell’esecuzione di un Simmaco cristiano, perfettamente inquadrabile nel clima di resa dei conti portata avanti dal prefetto dell’Urbe Placido, per chiudere con pochi, esemplari, processi de maiestate, la faida apertasi tra le famiglie senatorie, subito dopo l’eliminazione di Costantino II.
La vicenda di Valentino rappresenta dunque un evento tragico e drammatico in cui il potere politico interviene illegalmente in materia di religione, per mettere a tacere un pericoloso “sovversivo” che sta convertendo le élites intellettuali romane, ancora tutte o quasi pagane ancora alla metà del s
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