LA ROSA – SABINO E SERAPIA

La Rosa
Una leggenda del tutto priva di fonti, e peraltro assai banale e generica, è quella per la quale una volta san Valentino abbia regalato in segno di pace, una rosa rossa a due giovani che si amavano ma che stavano litigando. Valentino di prega di far pace stringendo insieme il gambo del fiore, facendo attenzione a non pungersi. Valentino prega poi il Signore di vegliare sull’amore di quei due giovani.

Sabino e Serapia
Sabino è un giovane centurione romano, dunque pagano, di stanza a Terni, che si innamora della giovane cristiana Serapia. e la chiese in sposa. I parenti della giovane però si oppongono alla relazione, a causa della differenza di religione, in lei, però, non volevano, perché Sabino era pagano mentre loro erano tutti cristiani. Serapia allora suggerisce3 a Sabino di andare dal loro vescovo e farsi istruire al cristianesimo e farsi battezzare: e il giovane lo fa. Purtroppo, proprio mentre si preparavano i festeggiamenti per quel battesimo e per le future nozze, Serapia si ammala gravissimamente, e presto è in fin di vita. Sabino, disperato di non poter realizzare il suo sogno d’amore chiama al capezzale della ragazza Valentino, e gli chiede di battezzarlo e di celebrare lo stesso il matrimonio, in puncto mortis. E proprio mentre il vescovo alza le mani al cielo per benedire l’unione, entrambi gli sposi muoiono, restando uniti per l’eternità nel loro primo abbraccio da sposati.

Tale leggenda, tarda e spuria, nasce e cresce ovviamente sull’idea di Valentino patrono dei fidanzati. Essa sembrò trovare una clamorosa conferma nell’ottobre del 1909, quando, nel corso degli scavi archeologici governativi effettuati alla Necropoli delle Acciaierie a Terni (zona di Pentima), venne alla luce la famosa Tomba 26. La tomba, bisoma, custodiva due scheletri, stretti l’uno all’altro, deposti contemporaneamente. Di lì a sostenere il clamoroso ritrovamento della tomba di Sabino e Serapia il passo fu assai breve.
Peccato che studi paleoantropologici hanno in seguito dimostrato che «gli scheletri non solo sono riconducibili a due persone che hanno meno di 11 anni, ma risalgono alla seconda metà del sec. VIII avanti Cristo, quindi oltre un millennio prima del periodo in
cui è vissuto San Valentino. Uno dei due scheletri, inoltre, appartiene sicuramente a una donna, mentre l’altro è ancora in dubbio» (dichiarazione del 2012 del sovrintendente archeologico dell’Umbria Mario Pagano).
L’idea di una coppia Sabino e Serapia si rivela così nient’altro che la storpiatura caricaturale di una coppia di vere màrtiri (sec. II d.C.), forse ternane, queste sì attestate da due Passiones agiografiche di cronologia molto alta (BHL 7586+BHL 7407): Sabina, la madre adottiva, e Serapia la figlia, messe a morte dai magistrati romani nella misteriosa Vindena.